Le centrelle e il vecchio mestiere del Solachianiello. 

 

Intessiamo un discorso che affonda le sue radici nella meravigliosa storia che narra dei nostri antenati, partendo dalla meravigliosa Valle delle Ferriere, preziosa riserva naturale che da Amalfi si estende ai comuni delle zone montane limitrofe.

 

Tra i vari tesori dell’artigianato in triste via d’estinzione, oltre ai resti eco di vecchi mulini sfruttati per la produzione della pasta, di vecchie cartiere odorose di umidi cenci sfibrati, alcune ferriere ci parlano della lavorazione del ferro, importante attività per la produzione delle “centrelle”.

 

Le centrelle altro non erano che chiodi corti, con la testa quadrata tronco-piramidale o allungata, che venivano utilizzati sovente per le scarpe di un tempo. 

Venivano fissati sull’ intera suola esterna e rendevano le scarpe di lunghissima durata. Questo avveniva perchè, in tal modo, si consumavano o chiodi piuttosto che la suola. 

Ovviamente vi erano i pro e i contro. 

Come si può ben immaginare i contro derivavano dalla poca aderenza di tali scarpe su superfici levigate, mentre erano perfette per strade sterrate bagnate e scivolose poichè bene aderivano su quest’ultime. 

 

Ecco perchè nasce il termine “scippacentrelle” per indicare uno scivolone da cadere, uno sdrucciolone tale da strappare i chiodini (centrelle) dalle scarpe. 

 

Le centrelle erano solo alcuni tra i tipi di inchiodature che venivano apposte sulle vecchie scarpe di una volta, insieme a salvatacchi, puntette e quant’altro. 

 

Ecco che, crogiolati nella nostra “bell’epoca” del consumismo, ben possiamo capire quanto durasse un paio di scarpe una volta. 

A dispetto di quelle che con immensa facilità oggi buttiamo nell’immondizia, le scarpe venivano fatte aggiustare ripetute volte da una figura che viene per lo più identificata nello “scarparo”, ma che in realtà a Napoli è più precisamente conosciuto come “o’ solachianiello”.

 

Il solachianiello era l’artigiano che riparava e risuolava le scarpe, soprattutto ai più poveri, e dunque ad una modesta cifra per “arrangiare un altro poco”. 

Da non confondere, invece, con lo scarparo che era piuttosto colui che le realizzava, su misura. 

Il messaggio principale che in queste botteghe ormai estinte veniva trasmesso riguardava proprio la rapidità. 

Le persone più povere avevano a disposizione un solo paio di scarpe e ne avevano quindi bisogno in tempi più brevi possibili, per non rimanere a piedi scalzi. 

 

Oggi questo mestiere sta scomparendo e se trovi qualcuno che tutt’oggi lo pratica puoi sentire ancora l’odore della colla che veniva utilizzata nelle riparazioni.

Anche il termine stesso di solachianiello è ormai in disuso e completamente spodestato dal termine più noto di “scarparo”. Anche se, tuttavia, quest’ultimo assume spesso un connotato negativo oggi, ad indicare qualcuno che realizza un lavoro fatto male, insomma fatto coi piedi. 

 

Ancora oggi, approposito di paremiologia popolare, nella rissa volgare tra le donne del popolo napoletano si usa dire “scippà ‘e centrelle ‘a culo”, scippare i chiodi dal sedere, come utile minaccia in situazioni accese. 

 

 

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